19 gennaio 1991: muore il presidente Dino Viola

non batte più il cuore di Roma

«E' morto, Viola, l'ingegner Roma». E' il titolo del Corriere della Sera di domenica 20 gennaio. Forse è il titolo più bello tra quelli pubblicati dai quotidiani italiani il giorno dopo la scomparsa del Presidente giallorosso. Di sicuro è quello che meglio esemmplifica l'opera che in quasi dodici anni l'ingegnere aveva svolto al vertice della società, letteralmente ricostruita. “Con lui la Roma tornò capoccia” ha titolato il Giornale Nuovo, mentre il Giornale d'Italia lo ha ricordato così: “Dalla Rometta alla Roma passando per Viola”. Con una improvvisata rassegna-stampa abbiamo voluto iniziaare l'omaggio al Presidente. “L'ingegner scudetto”, secondo Il Messaggero “Padre della Roma” per La Nazione di Firenze. E La Gazzetta dello Sport: «Addio Vioola: era la Roma», quella Roma che seconndo Tuttosport «Ereditò piccola per portarla allo scudetto». Sulla stessa lunghezza d'onda La Stampa, altro quotidiano di Torino: «Viola, La Roma gli deve tutto». Accanto al dirigente, l'immagine dell'uomo, evidenziata dal Corriere dello Sport: «Un romantico ingegnere». O del “combattente”: «Addio, presidente contro» ha scritto La Repubblica; “dalla colletta di Rascel alle battaglie contro il potere nordista” per Il Giorno di Milano; «Addio a Viola, il “rivoluuzionario”» per Il Resto del Carlino di Bologna. Da ultimo, ma non ultimo, Il Mattino di Napoli: «Un presidente indimenticabile». Proprio così, un presidente indimenticabile. Come hanno testimoniato per primi i tifosi dell'Olimpico, il girono dopo la scomparsa, nella disgraziata partita contro il Pisa. La rassegna-stampa testimonia della stima acquisita dal dirigente e per una vollta, lasciatecelo dire, nessuno ha dovuto esagerare, gonfiare aggettivi, mostrarsi buono a prescindere. Perfino l'antipatia sarà ricordata con affetto, suscitando rimpianti. E quel suo linguaggio tutt'altro che incomprensibile, quel suo “violese” troppo incisivo e scomodo, troppo chiaro e pungente. Sempre e comunque fastidioso per chi doveva ricevere il messaggio, la battuta, l'accusa. Nelle celebrazioni, doverose ma spontanee, Dino Viola si è probabimente riconosciuto solo in parte. Negli ultimi anni aveva preferito il silenzio alle battaglie verbali. Ne aveva subite di tutti i colori. Spesso si era trattato di attacchi proditori, inaccettabili. Mai però l'aveva sfiorato l'idea di mollare!. «La resa - ripeteva - è dei vigliacchi e questo è un vocabolo che non conosco». Avrebbe risolto ogni problema facendosi da parte, facendo aprire un nuovo capitolo, conquistando quella tranquillità alla quale aveva volutamente rinunciato nel maggio del 1979, convincendo Gaetano Anzalone a cedergli la maggiooranza del pacchetto azionario. E invece niente. Sarebbe rimasto lì, al suo posto, chissà per quanto tempo ancora. “L'ingegner-Roma” avrebbe edificato chissà quanti altri palazzi giallorossi.

Maggio 1979:Dino Viola subentra ad Anzalone

E' il 17 maggio 1979: l'ingegner Dino Viola subentra a Gaetano Anzaloone al vertice della Roma. Inizia una nuova éra per la società giallo rossa. Il nuovo presidente cambia radicalmente la strategia operativa del club: a guidare la squadra chiama Nils Liedholm, che ha appena regalato al Milan lo scudetto della «stella».
I giovani diventano la base: al Parma viene prelevato Carlo Ancelotti, uno dei gioielli più ambiti in quella estate di dodici anni fa. Sarà una scelta azzeccata: Carlo sarà infatti una «bandiera» negli anni d'oro.

Maggio 1983: il sogno tricolore è già realtà

La nuova Roma stravolge lo scenaario del calcio nazionale. Dopo la Coppa Italia del 1980 diventa la prima, diretta rivale della «inattaccabile» Juventus di Giampiero Boniperti. Proprio contro i bianconeri a Torino saltano fuori i ...centimetri che impediscono ai giallorossi il sorpasso-scudetto. Ci sarà un'alltra Coppa Italia, ci sarà soprattutto un passo in più verso la méta tricolore, taagliata nel maggio del 1983 a oltre quarannt'anni di distanza dalla prima affermazione. Paulo Roberto Falcao è l'anima vincente di una squadra imbattibile. Boniperti sorride nel giorno in cui la coppa dello scudetto diventa romanista. Dino Viola va in pellegrinaggio al Divino Amore, in bicicletta (è il 22 maggio del 1983), poi varca la soglia di Palazzo Madama, eletto Senatore della Repubblica come indipendente nelle liste della Democrazia Cristiana. «Un'esperienza utile ma da non ripeetere», dirà poi.

Lo stile Roma si fa largo anche in Europa

Viola al rientro negli spogliatoi: un'immagine che testimonia il nuovo corso giallorosso, la mentalità da grande squadra e grande società. È lo «stile-Roma» che dopo aver mietuto succcessi e consensi in Italia varca i confini. La Coppa dei Campioni diventa una marcia trionfale con un epilogo imprevisto e imprevedibile. Sarebbe stato l'ultimo atto di una prima fase ricca di riconoscimenti. Liedholm ha già annunciato l'addio, ma dopo l'amarezza contro il Liverpool chiede e ottiene dai suoi ragazzi un congedo vincente: arriva la terza Coppa Italia della gestione-Viola.
Agostino Di Bartolomei e Roberto Pruzzzo, insieme a Falcao, Conti, Vierchowod, Tancredi e compagnia, scrivono pagine importanti a metà degli anni Ottanta. La Roma che vince sa divertire, dare spettacolo, aprire nuove strade dal punto di vista tattico.
L'applauso è di rigore anche da parte ei tifosi «eccellenti»...

Il futuro ha basi solidissime

Una grande opera realizzata (il Centro Sportivo «Fulvio Bernardini» a Trigoria) e una che resterà nei sogni (il nuovo stadio polifunzionale). Per Dino Viola, al quale l'allora presidente del Coni Carraro consegna la Stella al merito sportivo, lotterà fino all'ultimo sapendo in partenza che quella sua idea potrà essere finalizzata alla memoria.
L'opera dell'ingegnere va oltre le barriere sportive, addirittura oltre lo scudetto e la finale di Coppa dei Campioni: la Roma può guardare al futuro senza paura e l'immagine qui sopra sintetizza tutto ciò che il massimo dirigente giallorosso ha saputo fare per il passato, il presente e il futuro. I tifosi, a cominciare da quelli più giovani, possono star certi che il passaggio di consegne non determinerà alcun trauma, anche volendo nessuno potrà smarrire la «retta via» che con tanto sacrificio ed altrettanto amore il Presidente era riuscito a tracciare.

Solo 4 tecnic: non c'è stato bisogno di rivoluzioni

Per anni la Roma è andata (tristemente) famosa per i repentini cammbi sulla panchina. Dino Viola apre una nuova éra anche in questo senso: nelle 12 stagioni che lo vedono al vertice della società egli si affida a quattro grandi strateghi. Il primo, Nils Liedholm, soggiorrnerà nella capitale per sette anni, in due fasi diverse. La prima lo vedrà conquistaare lo scudetto, tre Coppe Italia e la finale di Coppa Campioni nel 1984. Lascia una pesante eredità al connazionale Sven Goran Eriksson, per il quale Viola sfida (e batte) il Palazzo federale. Ci sarà uno scudetto sfiorato, una pagina drammatica (Lecce) e una rimonta (8 punti alla Juvenntus) da guinness. L'ultimo atto è scritto da Gigi Radice: fa miracoli con una squadra che deve affrontare mille problemi. Per lui un sesto posto è sinonimo di ritorno in Europa. Ed ora Ottavio Bianchi, per il quale il futuro forse deve ancora iniziare.

Da P.Roberto Falcao Rudi Voeller: una galleria di campioni

Sono stati dieci gli stranieri acquistati da Dino Viola tra il 1980 e il 1990: Paulo Roberto Falcao e Rudi Voeller rappresentano i “poli” di queesta strategia. Un brasiliano ed un tedesco per due epoche diverse, entrambe dense di significato. In queste pagine, accanto ai fuoriclasse acquistati dalla Roma nelll'ultimo decennio oltre frontiera (come dimenticare Toninho Cerezo?) abbiamo voluto inserire anche Ruggero Rizzitelli. L'ingegnere ha sempre avuto un'attenzioone particolare per questo ragazzo prelevato dal Cesena. Nel 1979 aveva iniziato da Carlo Ancelotti e proprio Rizzitelli dooveva rappresentare la continuità nella ricerca dei giovani talenti in provincia. E proprio nei quadri sociali che pubblichiaamo in questo improvvisatissimo inserto c'è il segno inconfondibile della strategia che ha sempre guidato i più stretti collaboratori dell'ingegnere sul mercato nazionale.

Gli ultimi gironi trascorsi tra sorrisi e speranze

Non ha mai avuto dubbi sulla propria guarigione e durante il periodo di convaalescenza trascorso a Pieve di Cadore (dopo l'operazione subìta il 28 dicembre) aveva spesso scherzato con il personale e lo staff medico dell'ospedale. Era di nuovo pronto a «scendere in campo», a riprendere la guida che di malavoglia era stato costretto a delegare. In quei giorni di riposo forzato aveva voluto continuare a lavorare.
Guai a chiedergli notizie sulle sue condizioni, voleva sapere della «sua» Roma, della squadra, dei tifosi. E queste immagini, rapite all'album di famiglia, sono allo stesso tempo la testimonianza della serenità e del lavoro. Rientrato a Roma, il male lo ha aggredito, impedendogli qualsiasi risposta. Ha capito e s'è comportato di conseguenza. Alle 13:30 di sabato 19 gennaio è spirato. Serenamente. Così come aveva sempre vissuto, a dispetto delle mille battaglie affrontate e quasi sempre vinte.

Tratto da La Roma gennaio 1991

 

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